Quando può essere revocata l’assegnazione della casa familiare?

Revoca dell’assegnazione della casa familiare – Presupposto inderogabile per l’assegnazione della casa coniugale è la convivenza con i figli maggiorenni non ancora autosufficienti. La convivenza deve essere stabile sia pure con eventuali sporadici allontanamenti per brevi periodi del figlio maggiorenne. Ritorni sporadici di quest’ultimo, anche se regolari, sono riconducibili ad un rapporto di ospitalità. Ai fini dell’assegnazione al coniuge già collocatario è essenziale che il figlio sia effettivamente presente nella casa per un periodo prevalente in relazione ad una determinata unità di tempo.

Ma quando si può parlare di convivenza affinché ciò sia rilevante ai fini dell’assegnazione della casa familiare? Secondo la Suprema Corte, deve trattarsi di stabile dimora del figlio maggiorenne, sia pure con eventuali sporadici allontanamenti per brevi periodi. Non può essere considerata convivenza se il figlio maggiorenne raramente anche se regolarmente torna a casa.

Precisa ancora la Corte che deve sussistere un collegamento stabile con l’abitazione del genitore, caratterizzato da coabitazione che, ancorché non quotidiana, sia compatibile con l’assenza del figlio anche per periodi non brevi per motivi di studio o di lavoro, purché vi faccia ritorno appena possibile e l’effettiva presenza sia temporalmente prevalente in relazione ad una determinata unità di tempo.

Il caso è quello di un ragazzo, nato nel 1997, che svolgeva un percorso di formazione professionale all’estero per pilota di linea, specialistico ed impegnativo, che lasciava presumere da un lato un trasferimento definitivo nel paese ospitante e dall’altro rientri a casa non definibili, né programmabili, né frequenti.

Nel primo e nel secondo grado di giudizio l’assegnazione della ex casa coniugale alla madre era stata revocata.

Tale decisione viene confermata dalla Suprema Corte di Cassazione che con l’ordinanza 27374 del 19.09.2022 ha rigettato il ricorso proposto dalla signora Mevia.

Per leggere il testo integrale dell’ordinanza clicca qui:

Cassazione civile, Sez. VI ordinanza-27374 del 19.09.2022

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Contributo di mantenimento: il caso dell’assegnazione della casa familiare

In tema di contributo di mantenimento connesso alle esigenze abitative conseguenti alla separazione personale dei coniugi a favore del genitore non assegnatario della casa familiare non è legittima la subordinazione del versamento alla preventiva stipula di contratto di locazione da parte del genitore beneficiario.

Cass. civ., sez. I, ord., 6 settembre 2022, n. 26272

La vicenda giudiziaria.

La signora Maria ed il sig. Luigi si separano.

TRIBUNALE:  domande di addebito, esercitate da entrambi i coniugi, rigettate; le figlie minori affidate in regime condiviso la cui residenza preferenziale viene fissata presso la madre; respinta la richiesta di assegnazione della casa familiare perché la signora si era trasferita in casa dei genitori già prima della domanda di separazione anche in considerazione del fatto che il mancato rientro nella casa coniugale era stato dovuto a comportamenti ostruzionistici dell’ex marito; corresponsione da parte del padre di un assegno di mantenimento in favore delle figlie e di un assegno mensile a titolo di contributo per le spese di locazione a decorrere dal momento in cui la signora avesse preso in locazione un immobile dandone prova scritta.

CORTE D’APPELLO. Avverso la sentenza di I° grado la signora Maria propone gravame.

La Corte all’esito del giudizio rivede l’assegno di mantenimento delle figlie aumentandone l’ importo in ragione delle accresciute esigenze  in ragione dell’età e della capacità lavorativa dei genitori.

Non accoglie il motivo di appello con il quale la signora aveva lamentato, tra l’altro, la disposta subordinazione della dazione del contributo a scopo abitativo alla sottoscrizione di un contratto di locazione, anziché dalla domanda giudiziale.

 

CASSAZIONE. Avverso la sentenza di secondo grado la sig.ra Maria propone ricorso per cassazione

La Corte di Cassazione accoglie il ricorso ritenuti illegittimi gli assunti dei giudici di primo e secondo grado.

Secondo il Collegio le “esigenze abitative” che vengono in considerazione a seguito della separazione personale dei coniugi e che giustificano la previsione di un contributo economico sono quelle che sorgono a seguito del mancato godimento della casa familiare da pare di quello dei due coniugi che non ne è assegnatario. Aggiunge la Suprema Corte che nel caso di specie le esigenze abitative sono sorte dal momento in cui le figlie e la madre, loro collocataria non sono più rientrate nella casa familiare (dapprima per allontanamento volontario della madre e poi per ostacoli frapposti dal padre, così si legge nella sentenza) ed è da quel momento che sono sorte le esigenze abitative rilevanti ai fini delle previsioni economiche conseguenti alla separazione personale.

La circostanza che i nonni si siano fatti carico di ospitare la figlia con le nipoti non porta a ritenere insussistenti le predette esigenze abitative ma solo a concludere che altri se ne sono fatti carico in luogo dei diretti interessati.

È noto infatti che l’assegnazione della casa familiare incide sulla posizione economica dei coniugi separati con figli o senza e ciò va tenuto presente nella determinazione dell’assegno di mantenimento (cfr. Cass. 15772/2005).

Il vantaggio economico a favore dell’assegnatario corrisponde all’esborso occorrente per godere dell’immobile a titolo di locazione, con la conseguenza che l’esclusione della possibilità per il coniuge affidatario di figli minori di fruire della casa familiare legittima l’incremento della misura dell’assegno di mantenimento a favore di quest’ultimo (cfr. Cass. 13065/2002).

Nè, soprattutto, al dovere di mantenimento del coniuge /genitore a favore dell’avente diritto possono sostituirsi od essere assimilate le elargizioni economiche corrisposte dai familiari, atteso che il primo deve essere integralmente adempiuto (cfr. Cass. 10380/2012; id. 11224/2003).

Conclude la Corte affermando che nel caso di specie l’ospitalità offerta alla madre ed alle figlie minori dai nonni materni, ospitalità che ha un costo economico, al fine di affrontare le esigenze abitative sorte a seguito della separazione dei genitori non può giustificare una subordinazione dell’obbligo di mantenimento del padre, che è attuale ed immediato anche per la parte relativa alle esigenze abitative, alla stipula della locazione (ed all’effettivo trasferimento della residenza).

La sentenza impugnata è stata quindi cassata con rinvio alla Competente Corte D’Appello in diversa composizione in relazione al contributo per esigenze abitative.

 

 

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