Bambino nato da maternità surrogata – Secondo le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, anche il bambino nato da maternità surrogata ha un diritto fondamentale al riconoscimento. Il riconoscimento è anche giuridico, del legame sorto in forza del rapporto affettivo instaurato e vissuto con colui che ha condiviso il disegno genitoriale. Ha gli stessi diritti degli altri bambini nati in condizioni diverse. Questi gli sono garantiti attraverso l’adozione in casi particolari, ai sensi dell’art. 44, primo comma, lettera d), della legge n. 184 del 1983.
Cass. civ., sez. Unite, sent., 30 dicembre 2022, n. 38162.
Il caso
Il caso è quello di due uomini, di cittadinanza italiana e uniti in matrimonio in Canada, i quali riuscirono, tramite fecondazione in vitro, a coronare il sogno di diventare genitori. Uno dei due uomini forniva i propri gameti, che uniti nella fecondazione in vitro con l’ovocita di una donatrice venivano poi trasferiti, in fase embrionale, nell’utero di una diversa donna. Quest’ultima, non anonima, portava a termine la gravidanza e partoriva il bambino.
Il bambino, nato nel 2015, veniva iscritto nell’atto di nascita come figlio del solo padre biologico. La Corte Suprema della British Columbia, in accoglimento del ricorso della coppia attribuiva lo stato giuridico di figlio di entrambi. Conseguentemente, la coppia richiedeva la rettifica dell’atto di nascita del bambino anche in Italia al fine di ottenere quanto già disposto dall’ordinamento canadese. L’ufficiale di stato civile italiano si opponeva stante la preesistenza di un atto di nascita già trascritto e l’assenza di dati normativi certi e di precedenti favorevoli da parte della Suprema Corte di Cassazione. Adita la Corte d’appello di Venezia, la coppia otteneva il riconoscimento della sentenza canadese in Italia.
Il ricorso e altre precisazioni
Proponeva ricorso per cassazione, avverso tale decisione della Corte Veneziana, il Ministero dell’Interno ed il Sindaco di Verona. La Prima Sezione civile, preso atto che nel frattempo era stata depositata la sentenza delle Sezioni Unite civili 8 maggio 2019, n. 12193, secondo cui non può essere riconosciuto nel nostro ordinamento un provvedimento straniero che riconosca il rapporto di genitorialità tra un bambino nato in seguito a maternità surrogata e il genitore d’intenzione, dubitando della compatibilità di tale principio di diritto, costituente diritto vivente, con una pluralità di parametri costituzionali, sollevava incidente di costituzionalità, questione dichiarata però inammissibile dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 33/2021. Le Sezioni Unite investite della questione, con la sentenza 30 dicembre 2022, n. 38162, hanno cassato l’ordinanza impugnata e, decidendo nel merito, hanno rigettato la domanda di riconoscimento del provvedimento straniero.
L’ordinamento italiano, ha precisato la corte, non consente il ricorso ad operazioni di maternità surrogata. L’accordo con il quale una donna si impegna ad attuare e a portare a termine una gravidanza per conto di terzi, rinunciando preventivamente a “reclamare diritti” sul bambino che nascerà, è pratica vietata in assoluto, sotto minaccia di sanzione penale, dalla L. n. 40 del 2004, art. 12, comma 6.
La Corte ha affermato con questa decisione il principio secondo cui “poiché la pratica della maternità surrogata, quali che siano le modalità della condotta e gli scopi perseguiti, offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane”, non è automaticamente trascrivibile il provvedimento giudiziario straniero, e a fortiori l’originario atto di nascita, che indichi quale genitore del bambino il genitore d’intenzione, che insieme al padre biologico ne ha voluto la nascita ricorrendo alla surrogazione nel Paese estero.
Precisa la Corte che comunque anche il bambino nato da maternità surrogata ha un diritto fondamentale al riconoscimento, anche giuridico, del legame sorto in forza del rapporto affettivo instaurato e vissuto con colui che ha condiviso il disegno genitoriale, ed ha gli stessi diritti degli altri bambini nati in condizioni diverse che gli sono garantiti attraverso l’adozione in casi particolari, ai sensi dell’art. 44, primo comma, lettera d), della legge n. 184 del 1983.