Ridotto l’assegno divorzile al coniuge che, nonostante un’età avanzata, ha una comprovata capacità professionale.
Cassazione Civile, ordinanza n. 26389/21, sez. VI – 1 Civile, depositata il 29 settembre
Il caso
I Giudici del Tribunale dichiarano la cessazione tra la sig.ra M ed il C e stabiliscono che il marito dovrà versare alla moglie un assegno divorzile di € 1400 mensili, un assegno di € 1000,00 per ciascun figlio maggiorenne e non economicamente autosufficiente, e la casa coniugale assegnata alla signora.
Il marito non contento della sentenza propone appello, sostiene che la signora non ha diritto all’essegno perchè ha una laurea in fisioterapia, svolge lezioni di pilates in casa da tempo e quindi è in grado di svolgere un’attività lavorativa e produrre un autonomo reddito e chiede in via principale la revoca dell’assegno divorzile ed, in via subordinata, la riduzione del medesimo ad € 150,00.
Con riferimento al mantenimento dei due figli maggiorenni, chiede la revoca del relativo assegno di mantenimento in ragione della loro autosufficienza economica, ovvero la riduzione dell’importo di mantenimento comprensivo delle spese straordinarie nella misura minima di modo che sia sostenibile dal vincolo di destinazione costituito sul proprio patrimonio immobiliare e sulla partecipazione alla società AGAR a favore dei figli.
Si costituisce in giudizio la signora chiedendo il rigetto della domanda dell’ex marito e in via principale l’aumento dell’assegno divorzile ad € 4.000,00 ovvero, in subordine, ad Euro 2200,00 e la conferma delle statuizioni relative al mantenimento dei figli, con obbligo per il padre di provvedere alle spese straordinarie necessarie a far fronte alle esigenze dei figli.
La Corte di Appello di Salerno emette la sentenza revocando l’assegno di mantenimento previsto per uno dei figli maggiorenni, poiché ritenuto economicamente autosufficiente, e conferma l’assegno mantenimento di € 1000,00 per l’altro figlio.
Conferma la statuizione di primo grado relativa all’assegnazione della casa familiare alla signora.
Quanto all’assegno di divorzio, conferma l’assegno divorzile ma ne riduce l’importo ad € 900,00 rilevando che la signora non ha provato di non avere sufficienti risorse economiche e dell’impossibilità di procurarsele ed evidenziando che è laureata in fisioterapia, gode di un buono stato di salute e, nonostante l’età raggiunta di 61 anni, può svolgere attività di fisioterapista anche privatamente avendone conseguito la professionalità procurandosi entrate che, sommate a quelle dell’assegno divorzile di € 900.00, le consentiranno di godere di un’esistenza dignitosa ed adeguata.
La signora delusa dalla riduzione subita presenta ricorso in Cassazione limitatamente al capo relativo alla quantificazione dell’assegno divorzile.
Il marito presenta controricorso.
La Suprema Corte Cassazione conferma la decisione della Corte d’Appello ritenendo che i giudici di secondo grado abbiano applicato correttamente i principi stabiliti dalle Sezioni Unite della Corte con la nota sentenza n. 18278/2018, secondo la quale il riconoscimento dell’assegno di divorzio in favore dell’ex coniuge – cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, – richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge istante e dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, applicandosi i criteri equiordinati di cui alla prima parte della norma, i quali costituiscono il parametro cui occorre attenersi per decidere sia sulla attribuzione sia sulla quantificazione dell’assegno. Necessaria quindi una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonché di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all’età dell’avente diritto.
Invero, il giudice di appello ha espressamente riconosciuto la necessità di integrare il criterio dell’autosufficienza economica con i criteri previsti dalla L. cit., art. 5, dei quali ha pienamente tenuto conto alla luce delle risultanze istruttorie e della documentazione presente in atti. Precisamente, il provvedimento impugnato si è fondato, non su una mera equiparazione economica dei patrimoni dei due coniugi, bensì su una pluralità di fattori quali l’assegnazione alla signora della casa familiare (ed il conseguente esonero di spesa per la locazione e per la gestione della casa), la capacità della medesima di svolgere attività lavorativa quale fisioterapista, la lunga durata del matrimonio, la contribuzione della ricorrente al successo professionale del marito ed alla formazione del cospicuo patrimonio immobiliare, l’agiato tenore di vita vissuto dalla famiglia nel suo complesso durante la convivenza matrimoniale e la posizione economica e professionale del marito.
Rilevante, infine, nella decisione la mancata prova da parte donna sulla «carenza di risorse economiche» e sull’«impossibilità di procurarsele». La moglie infatti ha richiamato una generica impossibilità di reinserimento nel mondo del lavoro ed un altrettanto generico apporto dato alla cura della casa e dei figli, nonché alla crescita professionale del marito; circostanze, queste, non supportate da alcun elemento concreto atto a scalfire la ratio del provvedimento impugnato.