Cass. civ., sez. VI, ord., 1° ottobre 2021, n. 26682.
La vicenda è quella di una donna, non più giovanissima e con un diploma di ragioniera, con scarse competenze professionali derivate dalla scelta di non lavorare e di dedicarsi alla famiglia.
Le viene riconosciuto in primo grado un assegno divorzile di 900 euro mensili in ragione della « sua incolpevole capacità lavorativa che, data l’età e l’annosa inesperienza – frutto di una scelta coniugale condivisa – le rende oggettivamente assai difficile, se non impossibile, il rientro nel mercato del lavoro»..
Irrilevante, la relazione intrattenuta con un nuovo compagno in quanto non riconducibile ad «progetto di vita comune capace» in grado di portare alla creazione di «una vera famiglia di fatto.
I giudici d’Appello confermano la decisione ma riducono l’assegno a 400 euro.
Il sig. X ricorre in Cassazione ma anche i giudici della Corte confermano la precedente decisione ritenendo la incolpevole capacità lavorativa della signora, dovuta all’età e ai sacrifici compiuti per la vita coniugale, e la difficoltà per lei di «rientrare nel mercato del lavoro».
Per la Cassazione la rideterminazione dell’assegno divorzile nella misura di 400,00 euro risulta pienamente conforme al disposto normativo di cui alla L. citata, art. 5, avendo la Corte territoriale valutato tutti i criteri previsti dalla norma per la quantificazione dell’assegno medesimo, e pienamente coerente con i principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità con la sentenza n. 18278/2018, secondo la quale il riconoscimento dell’assegno di divorzio in favore dell’ex coniuge – cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, – richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge istante e dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, applicandosi i criteri equiordinati di cui alla prima parte della norma, i quali costituiscono il parametro cui occorre attenersi per decidere sia sulla attribuzione sia sulla quantificazione dell’assegno.
Secondo gli Ermellini, la Corte di Appello, nel provvedimento impugnato ha tenuto conto della complessa situazione della ricorrente poi comparata e bilanciata con la circostanza che la stessa è titolare di risparmi personali derivanti da una vendita immobiliare e con le risultanze fiscali relative alla posizione economica del marito, cosicché, se da una parte è stato riconosciuto il diritto della ricorrente all’assegno divorzile, dall’altra, è stata ritenuta eccessiva la somma determinata dal primo giudice.