La vicenda
Il Tribunale di Venezia dichiarava con sentenza la cessazione degli effetti civili del matrimonio ponendo a carico dell’ex marito l’obbligo di versare un assegno divorzile in favore della ex moglie, oltre quello di contribuire al mantenimento dei figli minori.
Il marito proponeva appello e la Corte di Appello di Venezia, in parziale riforma della sentenza di primo grado, esonerava l’appellante dall’obbligo di versare alla ex moglie l’assegno divorzile, avendo costei instaurato una stabile convivenza con un nuovo compagno, da cui aveva avuto anche una figlia.
La sig.ra, non contenta di questa decisione, proponeva ricorso per Cassazione lamentando che la Corte D’Appello di Venezia ha deciso per l’applicazione automatica del principio secondo il quale la semplice convivenza more uxorio con altra persona è causa della soppressione dell’assegno divorzile.
I diversi orientamenti sulla questione, ovvero se l’instaurazione di una convivenza more uxorio da parte del coniuge beneficiario faccia perdere, in via automatica, il diritto all’assegno divorzile, prescindendo dalle finalità perseguite dalla prestazione, oppure se siano praticabili altre scelte interpretative fondate sul contributo dato dall’avente diritto al patrimonio della famiglia e basate sulla funzione compensativa dell’assegno ha portato al coinvolgimento della Sezioni Unite, le quali con la sentenza n. 32198 del 5 nov. 2021, hanno deciso che l’instaurazione della convivenza non comporta l’automatica perdita del diritto all’assegno in ragione della sua funzione composita: assistenziale e compensativa.
Nel caso in esame, non potendo riconoscere la prima (assistenziale), perché «il nuovo legame, sotto il profilo della tutela assistenziale, si sostituisce al precedente», è stata riconosciuta la seconda, ovvero quella compensativa, volta al riconoscimento del contributo fornito dal coniuge più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale dell’altro coniuge.
La signora aveva dedotto in corso di causa che nei nove anni di durata del matrimonio aveva rinunciato ad un’attività professionale, o comunque lavorativa, per dedicarsi interamente ai figli, e ciò anche dopo la separazione personale dal marito che aveva potuto, invece, applicarsi completamente al proprio successo professionale. La donna non era più in età per poter reperire un’attività lavorativa pertanto la medesima aveva vissuto e viveva con i figli dell’assegno divorzile.
La decisione della Corte
Cass. civ., sez. unite, 5 novembre 2021, n. 32198
La Suprema Corte, quindi, ha accolto il secondo motivo di ricorso formulato dalla ex moglie ed ha cassato la sentenza impugnata dettando i seguenti principi di diritto:
“L’instaurazione da parte dell’ex coniuge di una stabile convivenza di fatto, giudizialmente accertata, incide sul diritto al riconoscimento di un assegno di divorzio o alla sua revisione nonché sulla quantificazione del suo ammontare, in virtù del progetto di vita intrapreso con il terzo e dei reciproci doveri di assistenza morale e materiale che ne derivano, ma non determina, necessariamente, la perdita automatica ed integrale del diritto all’assegno.
Qualora sia giudizialmente accertata l’instaurazione di una stabile convivenza di fatto tra un terzo e l’ex coniuge economicamente più debole questi, se privo anche all’attualità di mezzi adeguati o impossibilitato a procurarseli per motivi oggettivi, mantiene il diritto al riconoscimento di un assegno di divorzio a carico dell’ex coniuge, in funzione esclusivamente compensativa.
A tal fine, il richiedente dovrà fornire la prova del contributo offerto alla comunione familiare; della eventuale rinuncia concordata ad occasioni lavorative e di crescite professionale in costanza di matrimonio; dell’apporto alla realizzazione del patrimonio familiare e personale dell’ex coniuge.
Tale assegno, anche temporaneo su accordo delle parti, non è ancorato al tenore di vita endomatrimoniale né alla nuova condizione di vita dell’ex coniuge ma deve essere quantificato alla luce dei principi suesposti, tenuto conto, altresì, della durata del matrimonio.”